Fiorenzo Siboni (Lenoteca Riccione): "Il vino, per me, è soprattutto voglia di ricerca"

di Marco Valeriani 😊

Lenoteca di Riccione Paese - siamo in Corso Fratelli Cervi - è uno di quei "luoghi" che non s'immaginano se ci si sofferma soltanto a osservare l'ingresso. All'interno, abbracciati da centinaia di etichette, alcune notevoli e ambitissime, Fiorenzo Siboni, il proprietario, si muove con la pacatezza misurata degli autentici estimatori del vino. Ne sa "a pacchi" - bellissima sorpresa - e non ostenta mai un simile privilegio. 


 - Fiorenzo Siboni (Lenoteca Riccione) -

Piuttosto preferisce "prenderti per mano" e accompagnare quanti varcano la soglia mettendoli a proprio agio. Scrutando nei loro occhi le scintille dell'emozione. 

Chi è Fiorenzo Siboni?

Vengo da Cesena e mi sono trasferito in Riviera, parecchio tempo fa, per amore, in quel di Misano Adriatico. Per 30 anni ho lavorato in tutt’altro settore, la termo-idraulica, seguendo un percorso di crescita importante vista la dimensione nazionale dell’azienda. Il legame col vino era un aspetto che curavo soprattutto per piacere personale: una delusione professionale ha fatto sì che si aprisse un’opportunità e da lì ne ho fatta la mia ragione attuale. Quotidianamente ho la possibilità di scoprire nuovi orizzonti - il mondo del vino sa offrire questo - e noto con piacere come molte realtà vitivinicole stiano affrontando serie progettualità nell’ambito dell’agricoltura sostenibile e della produzione etica. 

Non è un commerciante puro…

Al primo posto metto la ricerca. Faccio una selezione accurata delle etichette e solo in un secondo momento posiziono all’interno dell’enoteca quelle in cui credo. Da quel momento inizia la fase commerciale. Un’altra attività che mi contraddistingue è data dalla mescita. Attraverso la proposta al tavolo riesco a far degustare sia le novità d’annata, sia le bottiglie di nicchia che più mi colpiscono. Lo considero un momento divulgativo piacevole. 

Nel mondo del vino ci si lascia spesso trasportare dall’attimo fuggente, da ciò che più rimbalza sui media: qual è il motivo?

Le aziende investono tanto in comunicazione e il consumatore giocoforza ne rimane colpito. La comunicazione pesa ma non basta. Figure quali il proprietario dell’enoteca, il ristoratore, il sommelier possono fare la differenza. Aiutano a capire. Io propongo piccole degustazioni, senza cedere alla didattica troppo strutturata: in quell’occasione sono propenso a spiegare cosa sto versando nel calice, quali le caratteristiche di pregio del vino stappato, cosa riconoscere in esso.

Le regioni italiane “più brave” nella produzione dei vini: ai primi 5 posti chi metterebbe?

Alcune regioni hanno un terroir unico e devono fare ben poco. Mi piace molto il Piemonte, con il Nebbiolo, e le varie declinazioni Barolo e Barbaresco.  Aggiungo il Friuli-Venezia Giulia: però gradirei soffermarmi più a lungo sui veri custodi del territorio  - sparsi in tutt’Italia - ovvero quei produttori che mantengono intatta la cultura della vigna, del sistema d’allevamento, i vitigni tipici di determinate aree che non trovano identica fortuna  se spostati in collocazioni differente. Mi piace l’asse che va Faenza a Modigliana: una vallata davvero interessante per la conformazione del terreno e la peculiarità del clima. Poi le Marche: il Verdicchio dell’area Matelica - Jesi è uno dei vini più longevi al mondo. Mi piace infine l’area dell’Etna con i suoi vigneti ultrasecolari e a 1.200 metri sul livello del mare. Grazie allo strato di cenere lavica si è in presenza di terreni dinamici da cui scaturiscono vini minerali eccellenti.

E il Riminese?

Grazie alla Rebola ha dato un’immagine più nitida di questo vitigno tipico dei Colli di Rimini. Parlo di un marchio che si può esportare e far apprezzare meglio ai turisti. La Rebola ha bisogno d’essere sostenuta. Negli ultimi due anni è stato fatto tanto per imporsi in un mercato dei bianchi vastissimo: spesso e volentieri si vanno a proporre accostamenti con vini da campionato del mondo. Rimane un vino apprezzabile per le qualità e si beve volentieri.


Rebola Villa Massani

Il dualismo, quasi millenario, tra Italia e Francia in fatto di vini ha ancora ragione d’essere oppure il nostro Paese ha compiuto passi in avanti?

Sicuramente l’Italia ha fatto dei passi in avanti. Va però detto come la Francia benefici di una fama storica forte di duecento anni di vantaggio. Sono riusciti ad acquisire alcuni mercati prima di noi, sopratutto nell’Est europeo e asiatico; vantano brand difficilmente scalfibili - vedi lo Champagne - dal punto di vista del riconoscimento. Sanno vendere bene e il governo centrale riesce a proteggere con maggiore efficacia i prodotti francesi. Elementi non da poco.

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